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Il primo film

Il cielo guarda sotto

Vi raccontiamo come andata dalla testimonianza del nostro CEO.
“E’ gennaio del 2018, a Torino fa freddo e ho scritto la mia prima sceneggiatura per un lungometraggio. Mi piacerebbe realizzarlo questo lungometraggio ma non ho fondi, capacità, attrezzature, insomma non ho nulla. La storia però rimbalza nella mia testa, notte e giorno, non penso ad altro e così provo a capirne di più. Ho una reflex, due luci fotografiche, un cavalletto e un mac per la post produzione, manca il protagonista, inizio con il cercare lui: Franco Neri. Con lui ho realizzato molti prodotti negli ultimi due anni e così accetta di far parte di questo mio progetto. Poi chiamo Simone Moretto, gli racconto la storia e anche lui mi dà la sua disponibilità. Nel giro di poche ore concludo il cast artistico e mi preparo a girare, cerco location e le trovo, cerco un piccolo sponsor e lo trovo: Pasquale Latella. La troupe la formo di volontari e con due ragazzi che pago, il DOP che fa anche da operatore alla macchina, Davis Alfano, e un responsabile di set, Alberto Beckis. Ho circa 15 persone poi poco per volta rimango solo con 3 persone di troupe. Gli attori invece non mi abbandonano, a loro tutti devo molto. Non mi scoraggio e concludo le riprese in 6 mesi, giro solo i week-end. Monto il film e invito tutti gli attori e le persone, che hanno partecipato al film, a vedere la pellicola. Il giorno prima, mi accorgo che ho montato due volte una scena, il panico. Non so fare un DCP, in realtà non so neanche cosa sia tecnicamente questo dcp…, mi aiuta un amico, Gerardo Schiavone. Vado in Film Commission Torino Piemonte con l’HD e l’importazione finisce un minuto prima dell’ora prevista di proiezione. Si spengono le luci e il film inizia. Vivo 110 minuti di panico, spero che vada tutto bene, non ho fatto alcuna verifica, non so nulla del mondo della distribuzione cinematografica. Mi rendo conto che il film è finito perchè sento degli applausi, tanti applausi. Realizzo il mio sogno, ho proiettato un mio film ma un istante dopo non sono più quello di prima, non posso più fare a meno della sala, del buio, dell’attesa della proiezione. Quella proiezione mi ha cambiato per sempre. Roberto Gasparro”

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